L’incontro


Ospedàl (Ospitale di Cadore), anno Domini 1556

Il carretto, carico di botti, era fermo a lato della via con le stanghe di legno poggiate sul piano stradale, la parte posteriore alta verso il cielo plumbeo. La pioggia scendeva lenta, grosse gocce che si schiantavano sulla carreggiata di terra battuta creando nell’impatto piccole buche destinate a essere ricoperte di terra fangosa alla goccia successiva.

Un giovane stava seduto sotto al riparo fornitogli dal mezzo, stretto in un logoro mantello di lana grezza, proteggendosi come poteva dalle intemperie.

Davanti ai suoi occhi, sulla via resa ormai quasi impraticabile da quell’intenso e inatteso acquazzone, procedeva nella sua stessa direzione, con andatura lenta e solenne, un uomo. A testa alta, nonostante la gran quantità d’acqua che scendeva dal cielo, egli si andava avvicinando al giovane, senza timore né premura.

«Buon uomo, cosa vi porta qui con questo tempaccio?» esordì il ragazzo quando l’altro fu a portata d’orecchio.

Un ampio sorriso si dipinse sul volto dell’uomo.

«Torno a casa dopo un viaggio, un lungo e sfiancante viaggio».

«Spero per voi che non sia stato tutto sotto la pioggia».

«A tratti ma, si sa, la primavera è imprevedibile. L’importante, ora, è sentire aria di casa. E voi? Cosa vi porta qui tra i monti?»

«Sto andando a vendere il mio vino».

«Producete vino, dunque? Questo contengono quelle grosse botti sul vostro carro?»De Bacco 2

«Esatto. Vino tra i migliori in circolazione, un bel rosso carico, tratto dalle mie uve migliori. Un prodotto di assoluta qualità».

«Sembrate un venditore nato, mio caro. Assaggerei il vostro nettare pur non bevendone».

«Dunque non bevete? Mai? E cosa vi trattiene dal farlo? Follia, forse? Anche Nostro Signore amava il vino!»

La risata cristallina del ragazzo fece ampliare il sorriso del suo interlocutore, che si avvicinò di un altro passo al carro.

«Posso?» chiese indicando con la mano aperta il terreno parzialmente asciutto accanto al vignaiolo.

«Certamente, venite! E sappiate che da qui non ci muoveremo presto: il carro si è impantanato e per quanto mi sia sforzato non sono riuscito a liberare la ruota dal fango».

«Ora comprendo! Per questo motivo non siete in viaggio. Posso aiutarvi, se lo desiderate, oppure posso rimanere qui sotto, coperto dal carro, e chiacchierare con voi».

La voce dell’uomo era bassa e calma, infondeva pace e tranquillità.

«Chiacchieriamo, dunque, almeno fino a che non si placherà questo temporale. Siete un monaco?»

«Dicono che la curiosità sia delle donne e dei giovani. A quanto pare non sbagliano.»

«In effetti devo ammetterlo: sono molto curioso. Mi piace scoprire cose e storie; amo anche inventarle».

«Rimarrete stupito, allora, dalla mia. Mi chiamo Marco e dipingo».

«Marco? E dipingete? Volete dirmi che io, umile e illetterato vignaiolo di Feltre, sto disquisendo con il famoso Marco da Mel, fratello di Giovanni, entrambi pittori?»

«Conoscete l’arte, vedo. Non siete poi così illetterato, vignaiolo di Feltre: dimostrate grande cultura e sensibilità. Qual è il vostro nome?»

«Mi chiamo Pietro, Pietro Baco».

«Scommetto che voi, caro il mio illetterato vignaiolo, conoscete la storia legata al vostro soprannome».

«Bacco era la divinità pagana del vino, certo. Ma indubbiamente non è notizia recente, tutti ne sono a conoscenza».

«Ne siete ben sicuro? Vedete, io credo che voi vi sottovalutiate e siate sottovalutato da molti. Non è da tutti avere una tale curiosità, conoscenza e sensibilità artistica. Vi svelerò un segreto: come penso saprete io ho un’ascendenza d’artisti. Mio padre Antonio, quando venni al mondo, aveva già tracciato per me la strada di una vita intera. Io l’ho seguita, secondo le mie capacità e con i miei talenti, mantenendo però sempre nel cuore il paesaggio e la natura, quell’amore che da ragazzo provavo per le piante e la loro coltivazione, per il sole che brucia la pelle e l’odore della terra umida. Ho sempre apprezzato e ammirato chi, come voi, da un terreno roccioso e aspro, riesce a cavar fuori prodotti che danno vita e donano gioia. Raccontatemi, dunque, del vostro vino, della vostra terra, finché il maltempo non ci permetterà di procedere».

Il giovane, visibilmente arrossito, abbassò lo sguardo.

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«Maestro, cosa posso dirvi? Il mio è un appezzamento piccolo e, come avete detto, aspro e roccioso. È duro da coltivare, in forte pendenza, il terreno è arido e il freddo lo lambisce fino a primavera inoltrata e da settembre in poi. Non è semplice produrre uve da nettare, ma ho la fortuna di avere il sole, alto e splendente, a baciare le mie vigne per tutta l’estate. Con il caldo la mia Nera Gentile si addolcisce e in epoca di vendemmia e pigiatura ne posso ricavare quell’ottimo vino rosso di cui vi parlavo, quello che sto trasportando con questo vecchio carretto». Disse colpendo il bordo del carro con una pacca affettuosa, di quelle che si riservano ai compagni d’avventure più amati.

«E dove lo portate questo buon vino, mio caro Pietro Baco?»

«Fino a Pieve, Maestro. Lì ho alcuni compratori di buon casato che amano il mio prodotto, tra cui anche la famiglia Vecellio», disse arrossendo di nuovo.

«Ebbene, il vostro vino dev’essere davvero ottimo se i parenti del Maestro Tiziano lo apprezzano».

«Ammetto con umiltà che è un buon prodotto. Lo stesso Maestro Tiziano ne chiese una botte».

«Mio caro, fate venir sete anche a me che non amo il vino! Sapete cosa vi dico? Fatemene assaggiare un sorso, che di certo merita la mia attenzione! E sappiate che nel prossimo paesaggio che avrò occasione di dipingere ci sarà un posto d’onore anche per voi e per la vostra uva, coltivata con amore e per questo così amabile».

Il giovane sorrise e prese dalla sua scarsella una coppetta di legno, alzandosi subito dopo per riempirla.

«Vedrete, Maestro, rimarrete stupito! È un vero nettare!»

«Ne sono certo, mio giovane amico! E berlo ci darà di sicuro la forza per liberare la ruota del carretto dal fango, ora che non piove più».

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

«Avete ragione, ha smesso e nemmeno me n’ero accorto. È giunta l’ora di rimettersi in viaggio: Pieve è lontana e…»

«…e anche Mel», rispose l’uomo concludendo la frase del giovane e ricevendo dalle sue mani la coppa.

Chiuse gli occhi e bevve, assaporando quella bevanda dolce e aspra, come la terra in cui nasceva, amabile e profonda, come quel giovane vignaiolo che nel suo lavoro metteva tanta arte quanto amore.


Questo racconto è stato scritto per la cantina De Bacco, di Seren del Grappa (BL) nell’ambito di un progetto eno-letterario (InnestaStorie) presentato a Vinitaly 2017.

Un giorno vi racconterò tutta la – brutta – storia che c’è dietro al progetto.

Oggi godetevi il – bel -racconto… e un buon calice di vino (De Bacco, of course!).


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